martedì 30 settembre 2008

Il derby di Hateley

28 OTTOBRE 1984. MILAN-INTER 2-1
Scomodarono persino il mitico John Charles. E poi Prati, un' altra icona del nostro calcio. E, pure lui, l'ex grande campione juventino si inchinò di fronte al prodigio del suo giovane erede, «il diavolo inglese», come i giornali britannici definirono Hateley: «Mark è un grande, davvero. E, un giorno, credetemi, la sua fama sorpasserà la mia. I difensori italiani sono bravi, ma contro i centravanti britannici come me e Hateley l'astuzia non basta. Con il suo talento sarebbe esploso anche in Inghilterra, ma al Milan ha trovato la via più breve per il successo».
Detto fatto: basta ricordare quella prodezza nel derby di andata della stagione 1984-85 per comprenderlo. Pallone fra i piedi di Altobelli che tenta di far ripartire la manovra nerazzurra, intervento deciso di Franco Baresi che gli ruba palla e serve Virdis il quale, giunto sul fondo, serve a centroarea un cross sul quale Hateley si avventa. Lo stacco, proprio sul dischetto del rigore, è fulmineo, tanto che Mark riesce ad anticipare nettamente Collovati. Vano il tuffo di Zenga, mentre il pallone si insacca nell'angolino alto alla sinistra del portiere. Un prodigio entrato di diritto nella storia. Del resto quel ragazzone di Derby (ironia del destino...), appena sbarcato nella Milano rossonera proveniente dal Portsmouth, segnò un gol da favola, che diede la vittoria ai rossoneri nel derby dopo un'attesa di sei anni. Un sollievo per i rossoneri, la cui ultima vittoria nella stracittadina risaliva a quella di andata del 1978-79, la stagione della stella.
Così ricordò Hateley a fine gara: «Ho visto arrivare quel pallone e mi sono buttato, saltando più in alto possibile. Pochi minuti dopo potevo segnare ancora, ma Zenga è stato bravissimo». Poi una sincera confessione: «Quando sono arrivato in Italia ero semisconosciuto. Le altre squadre prendevano Maradona, Platini, Zico e Socrates. Il Milan, che veniva da stagioni a dir poco infelici, puntava su di me. Roba da non credere». E fra i mille elogi dei vip presenti in tribuna d' onore, spiccò quello di Ugo Tognazzi che definì Hateley e Wilkins, con uno strano paragone gastronomico, come «due rare e raffinatissime spezie inglesi in un piatto divino». Su Hateley, invece, il suo tecnico Liedholm spiegò che con lui aveva «imparato molto in fatto di tecnica, ma molto poteva e doveva ancora fare. Il risultato, comunque, è sotto gli occhi di tutti». Nota statistica: prima di quel giorno, da oltre ventotto anni la squadra che passava per prima in vantaggio nel derby di Milano si era sempre aggiudicata almeno un punto.
Finché un giorno arrivò Hateley, l'uomo giusto per abbattere le statistiche. «Mi ha sbalordito» sussurrò Franco Baresi. Non solo lui. Fu un successo che fece arrabbiare moltissimo il presidente interista Pellegrini. Il quale, incontrando il collega milanista Farina negli spogliatoi, gli disse: «Complimenti: avete vinto una battaglia, ma la guerra sarà nostra». Si sbagliava. A fine campionato, l'Inter sarebbe arrivata quinta, Il Milan terzo dietro al Torino e all'indimenticabile Verona di Osvaldo Bagnoli.

Nessun commento: