sabato 14 giugno 2008

Viva l'Italia

Viva l'Italia,
L'Italia delle "finali" sempre contro la Francia; l'Italia dei biscotti indigesti.
L'Italia dei comissari tecnici in ogni angolo di strada
L'Italia che «è un monologo azzurro» ma la Romania ha appena colpito un palo e san Gigi -protettore delle uscite in area piccola- ha già fatto i suoi primi miracoli quotidiani
L'Italia che il gol dell'Olanda era regolare ma andava annullato
L'Italia che il gol di Toni è stato annullato ma era regolare
L'Italia delle bandiere: quella del 17 giugno e del 9 luglio
L'Italia che Cannavaro va in panchina con le stampelle ma anche in queste condizioni farebbe meglio degli altri
L'Italia degli italiani che -inquadrati al minuto 89 contro l'Olanda- saltano, ridono e dicono «ciao mamma, siamo qua»
L'Italia di Casa Azzurri: suona Meneguzzi e allora chiediti perchè poi non si vince
L'Italia delle partite che non finiscono mai; l'Italia della probabile formazione pubblicata una settimana prima
L'Italia dei riti scaramantici, dei culti misterici, dei calzini portafortuna e dei posti fissi sul divano
L'Italia che «tanto se passiamo poi perdiamo contro la Spagna»
L'Italia che «Domenech è proprio un demente»
L'Italia che «se gli olandesi perdono contro la Romania sono dei corrotti ma noi al loro posto avremmo fatto la stessa cosa»
L'Italia che se attraversi la strada mezz'ora prima della partita è come se lo facessi al Radillon di Spa-Francorchamps

Viva l'Italia, l'Italia con gli occhi aperti nella notte triste
Viva l'Italia, l'Italia che resiste

venerdì 13 giugno 2008

Desiosa di lauro e non di mirto

Così lion, cui grave
su la giubba il notturno vapor cada,
se sorride il mattin sull'orizzonte
tutta scuote d'un crollo la rugiada,
e terror delle selve alza la fronte.

Canzon, l'italo onor dal sonno è desto;
però della rampogna,
che mosse il tuo parlar, prendi vergogna.
Ma, se quei vili che son forti in soglio
t'accusano d'orgoglio,
rispondi: Italia sul Tesin v'aspetta
a provarne la spada e la vendetta.

Vincenzo Monti, Per il Congresso d'Udine (1797)

sabato 7 giugno 2008

Il viaggio non finisce mai

Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito.

Josè Saramago. Viaggio in Portogallo

Viaggio in Portogallo

Il Signor Raimundo Silva, parco impiegato dell’Estado Novo di Antonio de Oliveira Salazar presso il comune di Setùbal, si sentiva già disilluso dalla vita e dai versi del suo malinconico fado quando -non ancora ventenne- il 26 luglio 1966 dopo la sconfitta del Portogallo di Eusebio contro l’Inghilterra di Bobby Charlton disse: «Non c’è altro da vedere».
Quando poi con la stessa persuasione il Signor Raimundo Silva ripeté le stesse parole dopo il golden gol di Zidane nella semifinale degli Europei 2000 e più di tutto durante la finale 2004 dopo la rete del greco Charisteas (per lo più davanti a un Da Luz di Lisbona gremito in ogni ordine di posti) era ancor più fermamente convinto fosse proprio così. Lui che tifa per il Vitoria e pochi mesi prima si era sentito appagato sì per il successo del Porto di Mourinho in Coppa Campioni ma che tutto sommato non se l’era sentita di unirsi ai caroselli di Piazza Camões.
E non poteva certo credere che dopo i ritiri di Paulo Sousa, di Luis Figo e di o mestre Manuel Rui Costa il suo Portogallo potesse nuovamente fare il verso alle superpotenze calcistiche europee come i bambini tra le gambe degli adulti. Eppure ancora nel 2006 i lusitani protagonisti ai Mondiali tedeschi, sconfitti soltanto in semifinale da un acre dejavù griffato -ancora dal dischetto- Zinedine Zidane. «Non c’è altro da vedere» disse anche quella volta il Signor Raimundo Silva.
Eppure questa sera il Portogallo esordisce contro la Turchia nella sua settima partecipazione ai Campionati Europei di calcio (la quarta consecutiva). Bisogna vedere di nuovo quel che si è già visto, con il sole dove la prima volta pioveva, perché se nel 2004 Cristiano Ronaldo era una crisalide ingentilita da madre Eupalla e nel 2006 uno splendido esemplare di raffinata tecnica calcistica, oggi è diventato il giocatore più forte del mondo in cerca della definitiva consacrazione.
Totumque utinam! - il lamento di Teti dopo la morte del figlio Achille piè veloce; «Quando venni a saperlo…» - il risentimento di Alessandro il Grande per esser transitato in sella a Bucefalo di fianco alla fonte della vita eterna senza accorgersene; «Mas porque Nuno e Pauleta todos estes redes estão erradas!» l’inconsolato sconforto del Signor Raimundo Silva dopo le ordinarie sconcezze degli attaccanti portoghesi sotto porta…
Forse Cristiano -forte delle quarantaquattro reti stagionali- sarà in grado di risolvere l’ormai drammatico difetto di indicati centravanti lusitani invece di "limitarsi" a fare da abile surrogato, lui che esattamente un centravanti non è. O forse in quest’occasione Felipe Scolari (per il sesto anno alla guida della Portuguesa) sceglierà di giocare senza attaccanti di ruolo secondo la preziosa lezione della Roma modello Spalletti.
La batteria di centrocampo, ancora una volta di straordinario livello, presenta del resto giocatori di ispirata vena realizzativa e preziose soluzioni di inserimento con o cigano Quaresma (agli esordi nello Sporting partner proprio in fase offensiva di Ronaldo), Deco, Simăo Sabrosa e l’emergente Nani. Un altissimo coefficiente tecnico, lauto acconto di caviale e bollicine.
In difesa, a raccogliere la scomoda eredità di Fernando Couto e Jorge Costa (tutti d’accordo, non esattamente due campioni d’umorismo ma -è innegabile- più che validi difensori) Pepe, Carvalho, Bruno Alves (protagonista -insieme a Bosingwa, Quaresima e Meireles- della vittoria del titolo nazionale con il Porto) e Fernando Meira. Miguel e Paulo Ferreira saranno con ogni probabilità i due terzini, in mediana Joăo Moutinho -rivelazione dell’ultimo campionato portoghese con lo Sporting- giocherà in alternativa o in coppia con il prodigo Deco.
In attacco, insieme all’Apollon, Hugo Almeida (Werder Brema) e Nuno Gomez (bandiera del Benefica) sono valutati in buona forma mentre Helder Postiga, ex bambino prodigio del Porto sotto l’ala protettiva di Mourinho, ha definitivamente esaurito le scusanti a disposizione.
Il portiere Ricardo (in forza al Betis Sevilla) para i rigori -tanti- senza guanti e dalle parti di Futbolandia non occorre nient’altro per ottenere la massima approvazione.
Quante volte in definitva il Signor Raimundo Silva credette di aver visto tutto prima dei garofani rossi per le strade di Lisbona e quante altre prima che il Leviatano salvatore arrivasse dal villaggio di Fuchal -isola di Madeira- con la maglia numero sette a tracciare nuovi cammini.
Oggi bisogna ricominciare il viaggio.

giovedì 1 maggio 2008

Credo nelle rovesciate di Bonimba

Potente nei colpi di testa, veloce e dalla buona tecnica, una furia in aria di rigore. Poi una grande continuità di gioco, mai una partita in fase calante, novanta minuti sempre la massimo. Calciatori con queste qualità se ne sono visti pochi nel nostro campionato. Uno di questo sparuto esercito di supermen della domenica porta il nome di... Bonimba.
La prima immagine che abbiamo quando sentiamo il suo nome è quella di vederlo in azione con la maglia nerazzurra. Del resto lui è nato a Mantova ma con l’Inter sempre nel cuore. Da ragazzo segue le trafile nella squadra nerazzurra.Arriva il giorno con il provino con Herrera, ma lui lo boccia; grande la delusione per il giovane Roberto che incomincia la sua carriera in squadre minori. Prato e poi Potenza in serie B fino ad arrivare al Varese, società di grandi ambizioni e dai giovani validi. Per uno scherzo del destino il suo debutto in serie A avviene proprio nella “sua” S.Siro e contro l’Inter il 4 settembre 1965, contro la squadra che al momento è la più forte del mondo. Finirà 5 a 2, con Boninsegna che guarda con rammarico la panchina dove vi è quell’uomo che gli ha negato di giocare nel club dei suo sogni; collezionerà 28 presenze con 5 reti ma il suo Varese termina all’ultimo posto in classifica.
Roberto comunque comincia ad interessare a diversi club e a fine stagione arriva il passaggio al Cagliari. Il tecnico della squadra sarda si chiama Puricelli e di giocatori validi nei colpi di testa se ne intende e vuole che Roberto formi un micidiale tandem d’attacco con un giovane ma già forte Gigi Riva. I due sono molto simili tecnicamente, ma la coppia macina gol e i due diventano grandi amici. Valcareggi lo prova anche in nazionale; debutto contro la Svizzera il 18 novembre 1967 in una partita per le qualificazione per la Coppa Europa. Quella partita rimase un evento isolato.
Una lunga squalifica di ben nove turni (inizialmente la lega lo squalificò per undici partite), a causa di una sua irruenza nella partita Varese-Cagliari lo allontanò dagli occhi dei tecnici della nazionale e condizionò non poco il campionato della sua squadra. Roberto non viene più convocato in azzurro e per lui solo la tv per assistere alla vittoria in Coppa Europa. Nel club sardo giocherà tre campionati, tornei dove diventerà protagonista in una squadra che nella stagione 68-69 giungerà ad un passo della scudetto. Nel Cagliari arriva Scopigno che vuole ampliare la rosa della sua squadra per lui giudicata troppo esigua e gli unici giocatori che sono richiesti da grandi club sono lui e Gigi Riva. Scontata quindi la sua partenza. Roberto impone una condizione; lascerà il Cagliari solo per andare all’Inter.Si scioglie il binomio Boninsegna-Riva, ma solo per poco visto che lo ritroveremo presto nei mondiali messicani. L’affare alla fine viene fatto con il club nerazzurro alla ricerca di una nuova punta. Nell’Inter di quel periodo infatti Mazzola abbandona il ruolo di centravanti per quello di mezzala offensiva e serve un uomo da area di rigore. Arrivano ben tre giocatori di livello in cambio delle sue future prodezze con i neroazzurri: i loro nomi sono quelli del Cagliari dello scudetto: Domenghini, Gori e Poli.Il sogno di Boninsegna finalmente si realizza. Primo campionato all’Inter e anche per quest’anno scudetto perso di un soffio; tutte le partite come centravanti e 13 reti per vedere lo scudetto vinto dal suo amico Gigi Riva. Viene convocato fra i 40 pronti per il mondiale messicano ma non fa parte dei definitivi 22; poi ecco l’infortunio ad Anastasi e la richiesta di due punte al posto di Lodetti. Lui e Prati si aggiungono alla schiera azzurra poi la scelta di Valcareggi quella di presentarlo in coppia con Riva, una copia inedita ma solo in nazionale. La storia la conoscete tutti; Boninsegna torna ormai protagonista del nostro calcio e sta per iniziare una grande campionato, quello della stagione 1970-71.La stagione dopo il mondiale messicano vede subito Boninsegna fra i protagonisti; da riserva a titolare azzurro a uomo gol nelle finali e l’Inter ha l’ambizioso compito di superare il Cagliari di Gigi Riva, grande favorito.
Il club neroazzurro torna ad essere la squadra di sempre grazie ad il nuovo allenatore Giovanni Invernizzi, che subentra alla sesta giornata ad Heriberto Herrera e riprende una squadra sotto tono e la rilancia in classifica.I neroazzurri sembrano tornare quelli delle stagioni mitiche di qualche anno prima; del resto gli uomini di classe sono sempre quelli e in più c’è Boninsegna. Arriva lo scudetto tanto sospirato grazie anche ai suoi gol che sono ben 24 e vince il titolo dei cannonieri. Nella stagione successive l’ambiziosa Coppa Campioni e Roberto è protagonista della strana ed epica partita contro i campioni di Germania del Borussia;
nella semifinale in terra tedesca una lattina lo colpisce alla testa lasciandolo tramortito. Dopo una lite colossale la partita vede l’Inter arrendevole perdere nettamente. Subito l’avvocato Prisco presenta ricorso all’UEFA e da il meglio di se nel successivo “processo”; la partita non viene data vinta a tavolino ma ripetuta. Solo un pareggio per 0 a 0 e l’Inter, grazie alla vittoria all’andata per 4 a 2, arriva alla finale contro l’Ajax di Cruijff e la sfortuna, specialmente nel primo gol, e la classe dell’Ajax surclassano Mazzola e compagni.In campionato solo il quinto posto per i campioni d’Italia, con lui sempre primo nella classifica dei marcatori pronto a far valere la sua grinta e testardaggine in area avversaria con ben 22 reti. Seguono anni dove Boninsegna è protagonista con i suoi gol della classifica cannonieri ed è un rigorista infallibile; suo il record tuttora imbattuto di ben diciannove calci di rigore consecutivamente realizzati ma la squadra non torna ai livelli della felice gestione Invernizzi.In nazionale il rapporto con Valcareggi non è dei più felici, preferendogli più di una volta Anastasi. Nella squadra nerazzurra torna il mago Herrera alla ricerca di non facili miracoli e lo vuole subito accantonare ma sul campo Roberto dimostra sempre di essere fra i migliori attaccanti in circolazione e realizza 23 reti.
Partecipa come riserva ai mondiali del 1974, per lui solo il secondo tempo con la Polonia, e viene rilanciato in azzurro giocando anche nella nazionale di Fulvio Bernardini. Saranno solo tre partite, contro la Jugoslavia, l’ Olanda, dove realizza la rete del momentaneo vantaggio, e la successiva amichevole sperimentale con la Bulgaria. Lascia la nazionale con 22 presenze e nove reti, per un calciatore che forse meritava più attenzione. Mentre nei campionati successivi l’Inter parte sempre favorita per concludere sempre e solo in zona UEFA, il presidente Fraizzoli vede Boninsegna responsabile della crisi interista; nel campionato 74-75 solo nove reti e dieci nel torneo successivo pochi per un centravanti di una squadra che lotta per lo scudetto.Nel 1976 arriva lo scambio fra due protagonisti del calcio, sicuramente non più giovanissimi. La Juventus lo vuole ed in cambio offre Anastasi... Sembra un affare per l’Inter, considerando l’età dei due bomber; Roberto ha già 33 anni, mentre Anastasi ben cinque di meno.
Scambio fatto ma nel tempo il vero affare lo fa la società bianconera. Con cuore sempre nerazzurro lascia Milano con grande amarezza ma lo aspettano anni ricchi di soddisfazione; vince due scudetti insperati per un giocatore non più giovanissimo che entra in perfetta sintonia con Bettega e infine anche la Coppa UEFA, il trofeo internazionale che mancava al tosto bomber lombardo. Non ultima la soddisfazione di realizzare una doppietta alla sua Inter! Nel campionato 1979-80 gioca il suo ultimo campionato con la casacca del Verona in serie B, lasciando il calcio giocato ancora come un protagonista. Boninsegna rimane l’immagine del bomber buono ma scorbutico, completo e forte anche di testa, falloso quanto basta e comunque grande personaggio del favoloso calcio degli anni 60/70.