martedì 1 aprile 2008

Il centravanti postmoderno

C'è un calciatore portoghese in forza al Manchester United che si chiama Cristiano Dos Santos Aveiro, meglio noto al mondo come Cristiano Ronaldo secondo la comune consuetudine lusitana di personalizzare le generalità nomastiche.
Ha ventitrè anni e, nonostante la sua ancora giovane età, molti considerano la stagione attuale quella della sua attendibile e definitiva consacrazione. Ma in quale ruolo gioca? Ala destra? Centrocampista offensivo? Trequartista?
Bene, in un momento come questo (perlopiù di campagna elettorale!) -dove sembra essersi consolidato il gusto per la conveniente etichetta, rispondendo all sempre più esasperata necessità di facili e immediate identificazioni- si sente sempre più spesso parlare di perfetti esemplari di attaccanti moderni dalle caratteristiche però spesso ricondotte, per mezzo di anacronistiche dietrologie, a grandi calciatori del passato come Riva, Bettega, Boninsegna. Ed è così che Luca Toni, Ruud Van Nistelrooy e David Trezeguet diventano massimi interpreti del moderno ruolo d'attacco. Poi ci sono Fernando Torres, Thierry Henry e Zlatan Ibrahimovic, che alle effettive capacità fisiche (massima prerogativa dei primi) aggiungono notevoli specificità tecniche e atletiche. Poi c'è -stato- un fenomeno (Ronaldo) e c'è un autentico fuoriclasse, Leo Messi, in quanto tale difficilmente comparabile con le altre tipologie elencate (o ancora elencabili).
E Cristiano Ronaldo? Il portoghese è un centrocampista esterno, pertanto a sua volta e verosimilmente non riconducibile per ruolo di appartenenza -nonostante le innegabili e spiccate propensioni "macro" offensive- agli attaccanti precedenti.
Anche perchè gioca con la maglia numero 7 (che a Manchester fu di George Best, Eric Cantona e David Beckam) ma a due mesi dal termine dell'attuale stagione ha segnato complessivamente 36 reti, grazie a una quantità sostanzialmente illimitata di soluzioni realizzative. Calcia benissimo con entrambi i piedi (anche dalla lunga distanza), attacca gli spazi e si inserisce senza palla con appetibile sollecitudine, "salta con il giusto tempo" per colpire di testa. Infallibile da sempre dal dischetto, si sta specializzando nel calciare le punizioni con un nuovo "effetto" che sembra destinato (a detta di molti portieri già battuti) a consegnare agli archivi le soluzioni dei massimi specialisti ancora in attività come Alessandro Del Piero, David Beckam, Juninho Pernambucano e -ultimo in ordine d'arrivo- le «maledette» (Fabio Caressa, cit.) di Andrea Pirlo. E segna reti molto singolari (come quella di sabato contro il Derby che chiamare "di tacco" sarebbe forse riduttivo) forse destinate a restare dei godibilissimi apax o forse no...
Senza considerare il fatto poi che la semplicità irrisoria con cui si libera sistematicamente del più diretto marcatore, l'inesauribile corsa, la naturale e spontanea visione di gioco (ma, proprio perchè non ancora ingentilita, a mio avviso ancora sensibilmente migliorabile) permettono all'intera squadra, e soprattutto alla batteria d'attacco, di giovare così copiosamente dei suoi servizi.
Non ha ancora abbandonato -sebbene ridotto drasticamente- l'irriverente numero a sensazione fine a sè stesso e talvolta inopportuno (chi si ricorda dell'amichevole test-match di preparazione ai Mondiali 2006 tra Portogallo e Brasile in cui due suoi tentativi malriusciti di elastico a centrocampo mandarono in porta gli avversari consentendo alla selecao di pareggiare 3-3 un incontro letteralmente dominato dai lusitani? Futbolandia...) che spesso costa l'ira funesta di Sir Alex Ferguson ma che lo rende così irresistibile agli occhi dei più piccoli (insieme ai giochi di prestigio negli spot pubblicitari, quelli che -come un cubo di Rubik- all'oratorio non riuscivano mai, nemmeno lontanamente, nonostante la dedizione adoperata).
Piace da sempre agli esteti del calcio per la sua incantevole tecnica, da poco ai più intransigenti epigoni dell'oltranzista risultato e del dato concreto.
Piace anche al pubblico femminile che, al di là di ogni plausibile giudizio calcistico, ne apprezza la sembianza estetica, amalgama di un insolente fascino gitano (ottenuto anche attraverso l'utilizzo "estremo" del gel per capelli) e di una recondita delicatezza da wonder boy (chissà che cosa nasconde quel misterioso broncio, irrinunciabile anche quando è Cristiano on fire...).
Miss Maria Sharapova si è dichiarata disposta persino a voti divini per poter ottenere un appuntamento, ma Cristiano preferisce altri lidi, come festeggiare le vittorie di FA Cup con trasferte capitoline in jet privato per l'ammaliatrice compagnia di gaudenti odalische. O come chiedere tramite sms a gentili creature il colore delle mutandine da loro indossate, niente di strano (o perlomeno di così stravagante) se non lo facesse durante gli allenamenti mattutini della squadra.
Si compiace della sua bellezza beandosi dell'imponente autoritratto in mosaico e in vesti da torero sistemato all'ingresso di una delle sue numerose abitazioni, salvo poi disperarsi ai limiti dell'irragionevole commozione per l'ennesimo "quasi gol" contro il Sunderland ultimo in classifica e sfogare con divertente teatralità tutta la sua frustrazione a fine raggiunto (ovvero dopo l'immancabile rete).
Un unicum del calcio mondiale, istrionico primattore in campo e fuori. Un attaccante moderno? L'esatto contrario: il centravanti postmoderno.
Centravanti perchè non è un attaccante (anche se l'accezione, ormai poco utilizzata al di fuori di Futbolandia, ricorda così limpidamente giocatori del passato già citati e oggi irriverentemente prestati alla mera targhetta), postmoderno perchè così eccentrico da ricordare un giardino di sentieri che si biforcano o, se preferite, una rete di linee che si allacciano e che s'intersecano.

1 commento:

RENATO BARNEY ha detto...

Peccato che non sappia tirare i calci di rigore e che si ostini a batterli, altrimenti sarebbe il n° 1 al mondo!!!