Si è spento oggi 5 novembre 2007 a 85 anni di età Nils Liedholm, il Barone, ex calciatore e allenatore svedese. Liedholm abitava a Cuccaro (Alessandria), nei pressi di Monferrato, dove si occupava da tempo di una piccola tenuta agricola specializzata in produzione vinicola.
La Svezia (23 presenze, 11 gol), il Milan (359/81) poi, da allenatore, la Roma. Questa la parabola calcistica del Barone, fuoriclasse in campo e fuori, vincitore da calciatore dell'oro olimpico a Londra nel 1948 e di quattro titoli nazionali italiani negli anni Cinquanta con il Milan. Vicecampione del mondo nel 1958 con la Svezia, il suo volto dai nobili lineamenti e rassicuranti sorrisi venne scelto per la copertina del primo album calciatori Panini campionato 1960/61. Da allenatore vinse con il Milan lo scudetto della 'stella' nel 1979, con la Roma il suo secondo titolo italiano nel 1983. L'anno seguente condusse la Roma fino alla finale di Coppa dei Campioni, inchinandosi al Liverpool soltanto ai calci di rigore (nell'80-81 vincemmo la Coppa Italia in finale col Torino, ai rigori. Il primo lo tirò Ancelotti, l'ultimo Falcao, che non ne aveva più calciato uno da quando aveva 13 anni. Era molto sensibile Paulo. Era un leader strano. Consigliava al leader vero le cose da dire in spogliatoio. Sapevo che avrebbe sofferto quella passeggiata da centrocampo al dischetto, con tre miliardi di occhi addosso. Perciò lo tenni fuori dalla lista dei rigoristi contro il Liverpool. Sbagliarono anche due campioni del mondo. Quella passeggiata pesa). Liedholm verrà sempre ricordato per la sua distinta classe e per l'ingenita eleganza, quell'accuratezza nell'espressione e quella ponderata rarefazione nei gesti che gli valsero i titoli nobiliari calcistici. Inarrivabile modello comportamentale, in più di vent'anni sui campi da gioco non venne mai ammonito.
Nato a Valdemarsvik l'8 ottobre 1922, Nils da bambino alternò il pallone allo sci di fondo. Esordì nel campionato svedese a vent'anni nell'IK Sleipner, poi nel Norrkoping (due titoli nazionali) dal 1946 al '49, anno in cui, già affermatosi nei Giochi Olimpici dell'estate precedente, venne acquistato dal Milan, diventando dopo poche stagioni leggenda del calcio mondiale insieme ai connazionali e compagni di squadra Gunnar Gren e Gunnar Nordhal. Del Gre-No-Li rappresentò la geometria euclidea e la più ragionata estetica calcistica che, molti anni dopo, egli stesso riconobbe nelle meraviglie di Giancarlo Antognoni. Incantò Milano con lunghe e perfette trame di passaggi, amando raccontare che la prima volta che ne sbaglio' uno dopo circa decine di incontri, tutto il pubblico si sistemò in piedi per applaudirlo. Mancino, giocò da centrocampista e a fine carriera, con ugual profitto, da libero.
Ritiratosi nel 1961 e subito vice del paron Rocco sulla panchina del Milan, scelse l'Italia come definitiva residenza. Ha allenato il Milan dal 1963 al '66 magnificando l'ascesa calcistica di Gianni Rivera, poi dal '77 al '79 e dall'84 all'87, artefice del battesimo calcistico di Paolo Maldini. Nella Roma, allenata dal 1979 all'84 e nel 1997 (ultima suo incarico in panchina) plasmò a sua immagine e somiglianza Agostino Di Bartolomei, capitano dello scudetto '83. Premuroso mentore di un calcio di massima attenzione tattica (non si deve criticare solo il catenaccio. Ci si difende anche a centrocampo, con mille falli tattici. Io ripetevo ai miei giocatori: se fai fallo sbagli due volte. La palla resta a loro e mandi un messaggio di debolezza. Io mi allenavo molto, contro un giocatore o due, per portar via palla senza fare fallo), nella sua lunga e instancabile carriera ha allenato anche Verona, Monza, Varese e Fiorentina con fortune alterne. Ritiratosi nel Monferrato, è stato fino a pochi anni fa consulente di mercato della Roma (un esempio per tutti, Zlatan Ibrahimovic, già raccomandato a Sensi ai tempi del Malmoe).
Liedholm era conosciuto e amato per la maldestra ma gustosissima padronanza della lingua italiana e subito facilmente riconoscibile diventò il suo divertito gusto per l'iperbole e per alcuni paragoni perlomeno approssimativi o del tutto arditi, piccole perle di sottile e inimitabile umorismo: Mandressi venne indicato come «l'erede di Rensenbrink», Tosetto «il Keegan della Brianza», persino il carneade Gaudino come «il nuovo Nordhal» e Valigi «il nuovo Falcao». Lidas era molto scaramantico, si affidava a un indovino di fiducia che consultava scrupolosamente prima di importanti incontri e dal quale si recava accompagnato da numerosi giocatori prescelti. Credeva nell'oroscopo e con arguta civetteria palesava spesso come molti grandi calciatori erano di segno zodiacale Bilancia o comunque nati nel mese di ottobre. Sempre i soliti gli inconfutabili esempi: se stesso, Paolo Roberto Falcao (il suo prediletto), Pelè e Diego Armando Maradona.
Il Gre-No-Li vinse con la nazionale svedese l'oro alle Olimpiadi di Londra del 1948, piegando in finale la Jugoslavia per 3-1.
Il 29 giugno 1958 la Svezia affrontò a Stoccolma il Brasile nella finale dei Campionati del Mondo. La selecao del giovanissimo Pelè vinse 5-2, ma il Barone la ricordò sempre con amaro sarcasmo come la sua partita migliore, essendo uscito dal campo per infortunio dopo aver segnato la prima rete dell'incontro. Quel giorno Svensson, Bergmark, Axbon, Borjesson, Gustavsson, Parling, Hamrin, Gren, Simonsson, Skoglund e Liedholm scrissero, nonostante l'inevitabile sconfitta, la più bella pagina di storia calcistica del loro paese.
lunedì 5 novembre 2007
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