sabato 12 aprile 2008

Ma dov'è il Pepin?

Lo aspettano. Si sfilano gli orologi dal panciotto, i dirigenti. L'avete visto? E' arrivato? No. Ma come?, sono quasi le due... Fra un' ora si gioca. Non c'è. Ma dove può essere finito. Incredibile, non può essere sparito, ieri sera aveva chiesto il permesso ai dirigenti e glielo hanno dato. Lui è di parola... era di parola.... Lui è Giuseppe Meazza, detto el Pepin.
Siamo nel 1937. Vigilia di Inter-Juve. I nerazzurri e i bianconeri sono tutti allo stadio. Tutti tranne Meazza. Il numero uno dei numeri uno. La stella, il cannoniere, il divo, il campione, quello con lo stipendio più alto e l'automobile più bella. Meazza centravanti dell' Ambrosiana Inter è atteso e tutti sono in ansia. Raccontano che quelli della Juventus già si fregavano le mani e si guardavano intorno con aria furtiva. Eh eh... se non arriva... Non arriva e il panico già serpeggia. Non si sarà mica fatto male? Ah, quella maledetta automobile... Lui va forte, gli piace guidare, andare in giro. Ma ieri era sabato e lo sapeva che c'era la Juve, lo sapeva. Disperazione negli spogliatoio dell'Inter.
Poi, senza dire nulla a nessuno, il massaggiatore sale con un accompagnatore su un auto e prende la direzione del centro. Entrano, i due, in una rinomatissima casa chiusa, in quei tempi casino. Forse è lì. A lui piacciono le donne. El Pepin non sa resistere, è giovane e voglioso. Oddio, potrebbe permettersi altre cose, ma lì è più tranquillo. Lo trovano. Pepin Meazza è ancora a letto. Sono passate le 2 e lui dorme profondamente. Giurano di averlo sentito anche russare. A quell'ora. Lo svegliano, lo portano allo stadio, senza che si lavi la faccia. Dài, forza, sbrighiamoci, dài che ce la facciamo.
Pepin, in confidenza con il massaggiatore, racconta di una pesante notte amorosa. Adesso come ti senti, Pepin? Raccontano che nell' automobile, seduto dietro, si era stiracchiato: un leone, mi sento. Un leone. Il leone Pepin entra negli spogliatoi, gli infilano al volo la sua maglia numero 9. Pepin Meazza va in campo e gioca e segna. Segna due gol contro la Juventus.
E' il migliore in campo, l'Inter vince e poi vincerà lo scudetto. Juve seconda. Il presidente e i dirigenti lo accarezzano: ci hai fatto quasi prendere un colpo. E lui: tranquilli, el Pepin non tradisce. Non tradisce i suoi compagni, i suoi dirigenti, i suoi tifosi e le sue amanti. Tante. Ne aveva tante, el Meazza. Non gli pesavano. Era solo infastidito dai ritiri (si fa per dire), dal sabato tutti insieme. Lui amava il calcio e la vita. E' diventato un maestro di calcio, un insegnante. Adesso lo stadio di Milano, zona San Siro, si chiama Stadio Meazza. Ritiro, sesso, gol, fughe, scappatelle e altri piccoli peccati.
Germano Bovolenta

venerdì 11 aprile 2008

Ma dov'è il Pepin? II

Negli anni Trenta, grondanti di moralismo fascista, i calciatori - raccontano i memorialisti - in quanto a libertà sessuale se la passavano meglio. Come negli anni Quaranta e Cinquanta e Sessanta. Sino ad arrivare alle epoche di Helenio Herrera e Nereo Rocco. Scappavano dagli alberghi e dai ritiri per finire in altri alberghi e in altri ritiri.
L'Inter di Helenio Herrera detto il Mago è spesso stata al centro di chiacchiere e pettegolezzi. Il Mago era severo, controllava e faceva controllare. La sera, il sabato sera, quando la febbre del desiderio era più alta di quella della partita, il Mago ordinava ispezioni e agguati e trabocchetti. Appello contrappello, giro delle camere, sono le dieci e tutto va bene. Dentro questo miscuglio di piccole storie e di fughe e di tentativi di fughe, entrano di diritto Antonio Valentin Angelillo e la ballerina Ila Lopez. Ma quella era anche una bella storia d'amore, non gradita, non accettata dal Mago, fustigatore -allora- di costumi. Degli altri.
Angelillo è costretto a lasciare anche, soprattutto, per la scottante relazione. Ma quella era una scusa bella e buona: non gli piaceva, Angelillo. Non gli piaceva come giocatore e allora tutti gli agganci era buoni e utili. Questo ad Appiano Gentile, in provincia di Como.
Dall'altra parte, in provincia di Varese, Milanello, anche i rossoneri avevano i loro problemini. Nereo Rocco, el Paron, era un finto tollerante. Con lui non scappava nessuno, ricordano. Era molto discreto e faceva sorvegliare a distanza. Anche sotto il profilo alimentare. Di notte i giocatori scendevano nelle cucine e prendevano d'assalto le dispense. Sono stati trovati spesso con le mani nel sacco. Con dei paninazzi di mortadella in mano. Era il medico, il giovane dottor Giovan Battista Monti, incaricato a scovarli e riportarli a letto. Erano i tempi del fumetto Diabolik, e Monti venne ribattezzato Ginko, l'ispettore, quello che dava la caccia a Diabolik. E lo ancora, per i vecchi amici: il dottor Ginko.
Ginko però nulla poteva contro le bramosie d'amor di Bruno Mora. La focosa ala destra piaceva alle donne e le donne piacevano a lui. Prendeva e andava. Poi tornava sereno, fresco e libero. Rocco, chiedeva: el mona xe tornado? Sì, paron. Bene, siamo a posto. Rocco era così. Anche lui tornava tardi, dall'Assassino, dopo robuste mangiate e sobrie bevute. Capiva, sapeva, comprendeva. Non come quel mona de Mago, dirà. In quell'Inter, del Mago, c'era Armando Picchi il severo Armando Picchi che poi diventerà l'allenatore della Juve. Un giorno Helmut Haller scappa dal ritiro e Picchi va a prenderlo e lo riporta a casa per un orecchio. Il ribelle Sivori non è mai scappato. Si racconta che una sera, un sabato, una giovane è entrata, non si sa come, nella sua camera e lui l'ha fatta cacciare. Poi le recenti storie di Gullit. Ruud non scappava: lo lasciavano andare. Era un purosangue, quando gli venivano gli attacchi partiva al galoppo e al galoppo ritornava. Come Pepin Meazza. Fuoriclasse dentro e fuori dal campo.
Germano Bovolenta

giovedì 10 aprile 2008

Dissertazione sopra Cristiano Ronaldo

di Felice Pellegrino

Uno dei motivi per cui il calcio è uno degli sport più seguiti del globo è sicuramente il fatto che tutto (o quasi) nel mondo del calcio sia opinabile.
Il titolare di questo blog ha deciso di dedicare un articolo ad uno dei calciatori più in auge in questo periodo storico: Cristiano Ronaldo. Sorvolando sull'inutile e fastidioso dilungarsi circa quanto il suddetto calciatore piaccia alle donne o su quanto si diverta a specchiarsi in se stesso o su quanto sia futbolandia mandare in gol gli avversari (per carità...), mi piacerebbe confutare il risultato finale dell'analisi del buon Fabio.
Nel calcio, dicevo, è quasi tutto opinabile... alcuni punti fermi si sono però sviluppati nel tempo in relazione all'esistenza di determinati ruoli. Innanzitutto abbiamo una prima sommaria divisione in portieri, difensori, centrocampisti e attaccanti. Ora, risultando evidente al mondo intero come Cristiano Ronaldo non rientri nelle prime 2 categorie, cerchiamo di capire in quale delle restanti lo si possa inserire. Nella categoria dei centrocampisti troviamo: i centrocampisti di impostazione, detti comunemente registi; i centrocampisti di rottura, detti comunemente interdittori; i centrocampisti offensivi, detti comunemente mezzepunte o fantasisti. Inoltre si collocano nella categoria dei centrocampisti anche le Ali: coloro che giocano sulle fasce laterali del campo. Nella categoria degli attaccanti poi possiamo considerare: il centravanti, il simbolo del goleador; la seconda punta, colui che per caratteristiche gioca un pò più indietro del centravanti per cercare spazi in cui infilarsi; l'attaccante esterno, figura questa non dotata di una autonomia ontologica in quanto il ruolo da sempre è un misto di "doveri" tattici (devi coprire come un centrocampista quando la squadra difende ma devi anche essere capace di attaccare come un'attaccante in fase di possesso... ufff...).
Orbene il titolare del blog era partito bene individuando come Cristiano Ronaldo nasca essenzialmente come un'ala destra: quella è da sempre la posizione in cui gioca, quello è il ruolo per cui il suo cartellino è stato comprato dal Manchester United. Qui però Fabio incomincia a perdere le fila del discorso e va in confusione: egli infatti inverte quella che è la visione più recente del calcio sostenendo che l'attaccante moderno viene identificato con i Riva, i Boninsegna, i Toni, i Drogba quando invece sono proprio i Torres, gli Ibrahimovic, gli Henry (ma si... anche il Papero) ad essere considerati esempi di attaccanti moderni. La spiegazione di questo errore è molto semplice: Fabio considera, emerge chiaramente dall'articolo, l'attaccante una sottocategoria del centravanti mentre, come abbiamo illustrato più in alto, è proprio l'opposto. In questo modo i "bomber" del passato e del presente da lui citati vanno inseriti nella categoria di centravanti. Ben'inteso non tutti i centravanti hanno quelle stesse caratteristiche fisiche: Inzaghi Filippo è sicuramente un centravanti pur non essendo massiccio come Toni o Drogba; Fernadndo Torres è anch'egli un centravanti. Anche di centravanti, è evidente, esistono più categorie.
La stessa descrizione delle caratteristiche di Cristiano Ronaldo fornita da Fabio (la magnifica corsa, la capacità di inserimento ecc...) e la storia del giocatore ci rendono possibile escludere il suo inserimento in questa categoria: lo stesso manager dello United, Ferguson, non lo utilizza come centravanti, alternando in quel ruolo Rooney e Tevez.
Dobbiamo ora considerare se Cristiano Ronaldo possa essere considerato un attaccante non centravanti. Gli esempi nel mondo del calcio di tipologie di attaccante sono molti: ci sono gli attaccanti alla Ibrahimovic, gli attaccanti alla Messi, quelli alla Di Natale, quelli alla Eto'o e cosi via. Tutti questi calciatori, pur nella loro diversità, sono accomunati da una caratteristica: anch'essi, come il centravanti, hanno lo scopo di finalizzare il gioco della squadra, sfruttando al meglio i palloni loro recapitatigli. Mi sento di poter dire che, per il momento, il calciatore di cui stiamo discutendo non rientra in questa categoria.
Ma allora cos'è Cristiano Ronaldo? Esclusa la categoria degli attaccanti (non cito l'attaccante esterno perhè come detto prima non lo considero un vero ruolo) non ci resta che ricadere in quella dei centrocampisti: qui la scelta non può che restringersi all'ala o al trequartista. Ebbene credo che Cristiano Ronaldo sia un grandissimo trequartista. Nella visione classica del calcio il trequartista è stato individuato quasi sempre con quel giocatore che si muove dietro le punte al centro del campo. Baggio è stato quel tipo di giocatore, così come Rui Costa oppure Zidane. Oggi però stanno nascendo trequartisti nuovi, per i quali il simbolo non può che essere Kakà: trequartista vero che però svaria su tutto il fronte dell'attacco, destra centro e sinistra, senza che ciò ne vada ad intaccare l'essenza del ruolo. Ecco Cristiano Ronaldo è proprio come Kakà. L'unica rilevante differenza è che al calcio d'inizio Kakà parte centrale e Cristiano Ronaldo, in virtù della sua storia calcistica, parte largo a destra. Ma subito dopo appare chiaro che il modo di giocare dei due fuoriclasse sia tremendamente simile. E' questa quindi la natura dell'attuale Cristiano Ronaldo: un trequartista dell'ultima generazione, che abbina all'ottima tecnica, la straordinaria velocità, il pregevole dono del sapere servire magnifici assist e un fiuto del gol incredibile, doti che lo pongono sicuramente fra i migliori calciatori in circolazione.

martedì 1 aprile 2008

Il centravanti postmoderno

C'è un calciatore portoghese in forza al Manchester United che si chiama Cristiano Dos Santos Aveiro, meglio noto al mondo come Cristiano Ronaldo secondo la comune consuetudine lusitana di personalizzare le generalità nomastiche.
Ha ventitrè anni e, nonostante la sua ancora giovane età, molti considerano la stagione attuale quella della sua attendibile e definitiva consacrazione. Ma in quale ruolo gioca? Ala destra? Centrocampista offensivo? Trequartista?
Bene, in un momento come questo (perlopiù di campagna elettorale!) -dove sembra essersi consolidato il gusto per la conveniente etichetta, rispondendo all sempre più esasperata necessità di facili e immediate identificazioni- si sente sempre più spesso parlare di perfetti esemplari di attaccanti moderni dalle caratteristiche però spesso ricondotte, per mezzo di anacronistiche dietrologie, a grandi calciatori del passato come Riva, Bettega, Boninsegna. Ed è così che Luca Toni, Ruud Van Nistelrooy e David Trezeguet diventano massimi interpreti del moderno ruolo d'attacco. Poi ci sono Fernando Torres, Thierry Henry e Zlatan Ibrahimovic, che alle effettive capacità fisiche (massima prerogativa dei primi) aggiungono notevoli specificità tecniche e atletiche. Poi c'è -stato- un fenomeno (Ronaldo) e c'è un autentico fuoriclasse, Leo Messi, in quanto tale difficilmente comparabile con le altre tipologie elencate (o ancora elencabili).
E Cristiano Ronaldo? Il portoghese è un centrocampista esterno, pertanto a sua volta e verosimilmente non riconducibile per ruolo di appartenenza -nonostante le innegabili e spiccate propensioni "macro" offensive- agli attaccanti precedenti.
Anche perchè gioca con la maglia numero 7 (che a Manchester fu di George Best, Eric Cantona e David Beckam) ma a due mesi dal termine dell'attuale stagione ha segnato complessivamente 36 reti, grazie a una quantità sostanzialmente illimitata di soluzioni realizzative. Calcia benissimo con entrambi i piedi (anche dalla lunga distanza), attacca gli spazi e si inserisce senza palla con appetibile sollecitudine, "salta con il giusto tempo" per colpire di testa. Infallibile da sempre dal dischetto, si sta specializzando nel calciare le punizioni con un nuovo "effetto" che sembra destinato (a detta di molti portieri già battuti) a consegnare agli archivi le soluzioni dei massimi specialisti ancora in attività come Alessandro Del Piero, David Beckam, Juninho Pernambucano e -ultimo in ordine d'arrivo- le «maledette» (Fabio Caressa, cit.) di Andrea Pirlo. E segna reti molto singolari (come quella di sabato contro il Derby che chiamare "di tacco" sarebbe forse riduttivo) forse destinate a restare dei godibilissimi apax o forse no...
Senza considerare il fatto poi che la semplicità irrisoria con cui si libera sistematicamente del più diretto marcatore, l'inesauribile corsa, la naturale e spontanea visione di gioco (ma, proprio perchè non ancora ingentilita, a mio avviso ancora sensibilmente migliorabile) permettono all'intera squadra, e soprattutto alla batteria d'attacco, di giovare così copiosamente dei suoi servizi.
Non ha ancora abbandonato -sebbene ridotto drasticamente- l'irriverente numero a sensazione fine a sè stesso e talvolta inopportuno (chi si ricorda dell'amichevole test-match di preparazione ai Mondiali 2006 tra Portogallo e Brasile in cui due suoi tentativi malriusciti di elastico a centrocampo mandarono in porta gli avversari consentendo alla selecao di pareggiare 3-3 un incontro letteralmente dominato dai lusitani? Futbolandia...) che spesso costa l'ira funesta di Sir Alex Ferguson ma che lo rende così irresistibile agli occhi dei più piccoli (insieme ai giochi di prestigio negli spot pubblicitari, quelli che -come un cubo di Rubik- all'oratorio non riuscivano mai, nemmeno lontanamente, nonostante la dedizione adoperata).
Piace da sempre agli esteti del calcio per la sua incantevole tecnica, da poco ai più intransigenti epigoni dell'oltranzista risultato e del dato concreto.
Piace anche al pubblico femminile che, al di là di ogni plausibile giudizio calcistico, ne apprezza la sembianza estetica, amalgama di un insolente fascino gitano (ottenuto anche attraverso l'utilizzo "estremo" del gel per capelli) e di una recondita delicatezza da wonder boy (chissà che cosa nasconde quel misterioso broncio, irrinunciabile anche quando è Cristiano on fire...).
Miss Maria Sharapova si è dichiarata disposta persino a voti divini per poter ottenere un appuntamento, ma Cristiano preferisce altri lidi, come festeggiare le vittorie di FA Cup con trasferte capitoline in jet privato per l'ammaliatrice compagnia di gaudenti odalische. O come chiedere tramite sms a gentili creature il colore delle mutandine da loro indossate, niente di strano (o perlomeno di così stravagante) se non lo facesse durante gli allenamenti mattutini della squadra.
Si compiace della sua bellezza beandosi dell'imponente autoritratto in mosaico e in vesti da torero sistemato all'ingresso di una delle sue numerose abitazioni, salvo poi disperarsi ai limiti dell'irragionevole commozione per l'ennesimo "quasi gol" contro il Sunderland ultimo in classifica e sfogare con divertente teatralità tutta la sua frustrazione a fine raggiunto (ovvero dopo l'immancabile rete).
Un unicum del calcio mondiale, istrionico primattore in campo e fuori. Un attaccante moderno? L'esatto contrario: il centravanti postmoderno.
Centravanti perchè non è un attaccante (anche se l'accezione, ormai poco utilizzata al di fuori di Futbolandia, ricorda così limpidamente giocatori del passato già citati e oggi irriverentemente prestati alla mera targhetta), postmoderno perchè così eccentrico da ricordare un giardino di sentieri che si biforcano o, se preferite, una rete di linee che si allacciano e che s'intersecano.