L'Inter di Helenio Herrera detto il Mago è spesso stata al centro di chiacchiere e pettegolezzi. Il Mago era severo, controllava e faceva controllare. La sera, il sabato sera, quando la febbre del desiderio era più alta di quella della partita, il Mago ordinava ispezioni e agguati e trabocchetti. Appello contrappello, giro delle camere, sono le dieci e tutto va bene. Dentro questo miscuglio di piccole storie e di fughe e di tentativi di fughe, entrano di diritto Antonio Valentin Angelillo e la ballerina Ila Lopez. Ma quella era anche una bella storia d'amore, non gradita, non accettata dal Mago, fustigatore -allora- di costumi. Degli altri.
Angelillo è costretto a lasciare anche, soprattutto, per la scottante relazione. Ma quella era una scusa bella e buona: non gli piaceva, Angelillo. Non gli piaceva come giocatore e allora tutti gli agganci era buoni e utili. Questo ad Appiano Gentile, in provincia di Como.
Dall'altra parte, in provincia di Varese, Milanello, anche i rossoneri avevano i loro problemini. Nereo Rocco, el Paron, era un finto tollerante. Con lui non scappava nessuno, ricordano. Era molto discreto e faceva sorvegliare a distanza. Anche sotto il profilo alimentare. Di notte i giocatori scendevano nelle cucine e prendevano d'assalto le dispense. Sono stati trovati spesso con le mani nel sacco. Con dei paninazzi di mortadella in mano. Era il medico, il giovane dottor Giovan Battista Monti, incaricato a scovarli e riportarli a letto. Erano i tempi del fumetto Diabolik, e Monti venne ribattezzato Ginko, l'ispettore, quello che dava la caccia a Diabolik. E lo ancora, per i vecchi amici: il dottor Ginko.
Ginko però nulla poteva contro le bramosie d'amor di Bruno Mora. La focosa ala destra piaceva alle donne e le donne piacevano a lui. Prendeva e andava. Poi tornava sereno, fresco e libero. Rocco, chiedeva: el mona xe tornado? Sì, paron. Bene, siamo a posto. Rocco era così. Anche lui tornava tardi, dall'Assassino, dopo robuste mangiate e sobrie bevute. Capiva, sapeva, comprendeva. Non come quel mona de Mago, dirà. In quell'Inter, del Mago, c'era Armando Picchi il severo Armando Picchi che poi diventerà l'allenatore della Juve. Un giorno Helmut Haller scappa dal ritiro e Picchi va a prenderlo e lo riporta a casa per un orecchio. Il ribelle Sivori non è mai scappato. Si racconta che una sera, un sabato, una giovane è entrata, non si sa come, nella sua camera e lui l'ha fatta cacciare. Poi le recenti storie di Gullit. Ruud non scappava: lo lasciavano andare. Era un purosangue, quando gli venivano gli attacchi partiva al galoppo e al galoppo ritornava. Come Pepin Meazza. Fuoriclasse dentro e fuori dal campo.
Germano Bovolenta
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