Fossero attori ce li goderemmo fino agli ottant’anni i nostri amori belli. Nel gioco del pallone però è impossibile. Quando addolcisce la vita dei fortunati spettatori agli Europei dell’88, Marco Van Basten di Utrecht, un metro e ottantotto di pura eleganza e classe cristallina, è stato sotto i ferri già un paio di volte. Il 25 giugno, alla finale di Monaco contro una delle ultime Urss (che in semifinale aveva eliminato l’Italia dal torneo), l’Olanda è giunta senza patemi e lo stesso svolgimento del match è, da un punto di vista drammaturgico, piuttosto banale: Gullit va a segno alla mezz’ora del primo tempo. Trame fitte, sovietici irretiti, nonostante la presenza di discreti interpreti, fra cui Mikhailichenko, Zavarov, Alejnikov, Protasov, Belanov. Van Basten sceglie il nono minuto della seconda frazione per dimostrare praticamente l’esistenza di una forma di vita superiore alla nostra. L’Urss ha appena sbagliato un calcio di rigore con Belanov, sul ribaltamento offensivo, la palla raggiunge Muhren sulla trequarti sinistra, rapida rassegna delle opzioni e cross in diagonale di abnorme lunghezza verso il fronte destro, laggiù, dove sta procedendo di gran carriera il centravanti olandese. La sollecita esecuzione di Muhren prende gli avversari in controtempo, tanto che Van Basten, con generose falcate, applica al bolide il suo occhio trigonometrico praticamente in solitudine. Il punto di chiusura della parabola è a pochi passi dal fondo, più prossimo alla bandierina che alla verticale dell’area di rigore, Van Basten l’ha individuato, ora lo fa suo in virtù di un impercettibile scarto dalla processione originaria. Il difensore russo Rats si era avvicinato in chiusura e, data la posizione defilata di Van Basten, aveva preferito non contrastarlo, temendo un letale dribbling a rientrare. Il portiere Dasaev aveva deciso di stare in mezzo, equidistante dai pali, a verificare l’ipotesi di un contro-cross. Il tiro di Van Basten non è teso, ha curva ascendente con picco ad altezza d’uomo, quindi cala sereno in rete. Un colpo al volo ad incrociare praticamente da fondo campo. Nel secondo che precedeva il compimento, si ascoltò il silenzio.
Il frammento descrittivo sopra riportato è stato tratto dal libro di Andrea Scanzi Canto del cigno (Limina, Arezzo 2004), unica biografia italiana interamente dedicata a Marco Van Basten e insieme riverbero di uno 'spazio mitico' di elogio della bellezza calcistica più autentica.
sabato 3 novembre 2007
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2 commenti:
Andrea Scanzi è un giovane e poliedrico giornalista italiano. Ha pubblicato "Il piccolo aviatore" (2001, dedicato a Gilles Villeneuve, ultimo grande eroe romantico della F1), "Canto del Cigno", "Ivano Fossati. Il volatore" (2005) e "Elogio dell'invecchiamento. Alla scoperta dei dieci migliori vini italiani" (2007)
Scrive attualmente per La Stampa.
http://www.andreascanzi.it/libri/cigno/recensioni.htm
mi inchino al cospetto di sua Maestà Marco Van Basten, il miglior attaccante di tutti i tempi. Ero a San Siro quando diede il suo addio al mondo del calcio: mi sono commosso...
pego
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