mercoledì 21 novembre 2007

Galeotta fu la figurina

...e chi vi era rappresentato

di Andrea Garnero
Correva la stagione 1989/90 e a quei tempi credo che frequentassi la seconda elementare. Era il tempo dei primi calci al pallone nei corridoi o fra i banchi di scuola, le prime partitelle al parco sotto casa con quelli che sarebbero poi diventati i tuoi amici, il tempo in cui cominciavi a sentire che nella tua vita era giunto il momento di costruire qualcosa d’importante per il tuo futuro, appassionarti a qualcosa, amare una squadra di calcio.
Correva la stagione 1989/90 e mio padre, fiero interista, cominciava a parlarmi della sua squadra. Con la scusa della mia giovane età e della mia “ignoranza” calcistica, si faceva consegnare dalla ditta presso cui lavorava biglietti gratis (un tempo si poteva ancora, ora non più perché ci sono i “mitici” tornelli) per le partite dell’Inter. Esistono foto in casa mia, incollate su più album, in cui sono ritratto brandendo la bandiera dell’Inter con indosso cappello e sciarpa nerazzurra. Mi piaceva San Siro, era enorme per me, gigantesco, mi faceva più paura da dentro che da fuori.
Correva la stagione 1989/90 e un giorno a scuola, sfogliando diversi album delle figurine Panini dei miei compagni di classe (quelli veri in cui non esistevano pagine dedicate al mercato di gennaio e la foto ufficiale della squadra era divisa in due parti e bisognava prestare massima attenzione quando univi i due pezzi, per non rovinare la tua squadra del cuore, ma non solo), tra un celo e un noncelo scambiai, con il mio amico Cine, un giovanissimo Filippo Galli con un altrettanto imberbe Diego Fuser. Tale Fuser era l’ultima figurina che mi permetteva di completare le due pagine di una squadra che fino a quel momento avevo solo sentito nominare a scuola ma mai in casa: il Milan. Perlopiù eravamo in quattro a parlare di calcio: due milanisti, un napoletano e il sottoscritto. Loro parlavano, parlavano, parlavano, delle gesta dei loro eroi.
Correva la stagione 1989/90 e a quei tempi credo che frequentassi la seconda elementare. Si dice che quando una persona sia in procinto di morire, tutta la vita le scorre davanti agli occhi: sicuramente questo momento che sto per descrivere mi sfilerà davanti. Faceva freddo quel giorno, ero compagno di banco di un milanista, dietro di me erano seduti il secondo milanista (Cine) e il napoletano. A un tratto Cine mi chiese se fossi sicuro di voler dedicare la mia vita intera all’Inter (non con queste parole perché eravamo in seconda elementare, il concetto però era quello) e io rispondendo dissi: voglio tifare a vita per una squadra vincente. Allora estrasse dal suo astuccio dei Masters due penne Bic, una rossa e una nera, e dalla cartella (non dallo zaino, dalla cartella) tirò fuori invece il “pacco” delle figurine doppie. Tolse l’elastico, le sfogliò velocemente e prese due figurine: una di Marco Van Basten, l’altra di Diego Fuser. A questo punto, come si conveniva ai tempi dei sani e vecchi princìpi cavallereschi, mi benedisse toccandomi sia sulle spalle che in fronte con le due penne, mi costrinse a baciare entrambe le figurine mentre pronunciava: «Io ti battezzo nel nome di Marco, Ruud e Frankie. Da ora in poi, sarai sempre tifoso del Milan». Al termine della “funzione”, Cine mi volle regalare una figurina, “purtroppo” mi diede quella di Fuser. La cosa mi piacque ma non mi resi completamente conto di quello che io e il mio amico avevamo appena compiuto. Certo è che quando la sera mio padre tornò a casa, dopo avergli spiegato l’accaduto, mi deve aver detto parole simili: «Da oggi in avanti io e te, calcisticamente parlando non siamo più parenti», perché ogni tanto questa frase la ricorda sempre.
Non so se ho fatto bene a seguire il mio amico, invece della fede di mio padre. Certo è che calcisticamente parlando per noi milanisti questi sono stati i migliori anni della nostra vita.
Ripenso spesso a quel momento. A volte ne parlo con Cine stesso seduti a un tavolo davanti a una birra oppure in piedi fumando una sigaretta fuori dal Murphy’s e ridiamo, ridiamo, ridiamo…
I tre olandesi con i quali sono stato battezzato non li ho mai visti giocare dal vivo, perché da quel giorno mio padre non mi ha più portato allo stadio. Delle loro imprese ho appreso in questi anni grazie alla televisione e alle vhs. Per capire cosa volesse significare Mediolanum, ai tempi sponsor ufficiale dei Ragazzi, ho dovuto aspettare la IV Ginnasio, per capire dove si trovasse l’Olanda geograficamente parlando, la III elementare. Per capire quale sia la differenza tra Campionato Europeo e Campionato Mondiale, forse sto impiegando tutta la vita.
Un giorno, magari proprio Cine, l’artefice della mia fede, mi spiegherà tutto questo e la nostra passione. Per il momento, nei momenti amarcord apro uno dei tanti cassetti della mia camera e mi commuovo davanti alla figurina di Diego Fuser.

4 commenti:

Fabio Disingrini ha detto...

Grazie ad Andre, ma soprattutto grazie a Cine per aver così tempestivamente salvato (non me ne vogliano i simpatici interisti) la vita di un piccolo uomo dalle prime cattive frequentazioni.

Penso che ogni giorno sia come una pesca miracolosa...

Anonimo ha detto...

bello. e, scusatemi tutti davvero, forza inter! (e forza saka!)
jack

milanofratricida.blogspot.com

Anonimo ha detto...

Esprimo il mio rammarico perché all'autore del pezzo bastava voltarsi dall'altro compagno che era dietro che gli si sarebbe aperto un mondo fantastico...
Peccato che abbia sbagliato lato.
Poi i due diavoletti avevano pure la maggioranza dalla loro parte, e da piccoli conta tanto...

Paolo

MiTiKo AlBy ha detto...

Molto bella come storia!!
Ma forza Inter