domenica 21 ottobre 2007

Il rigore più lungo del mondo III

di Osvaldo Soriano

Mercoledì marinammo la scuola e andammo nel paese vicino a curiosare. Il circolo era chiuso e tutti gli uomini si erano riuniti sul campo, tra le dune. Avevano formato una lunga fila per battere i rigori contro il Gato Diaz. Tutti tirarono il loro rigore e il Gato ne parò parecchi perchè li battevano con ciabatte e scarpe da passeggio. Un soldato bassino, taciturno, che se ne stava in fila, sparò un tiro con la punta dell'anfibio militare che quasi sradicò la rete.
Sul far della sera tornarono in paese, aprirono il circolo e si misero a giocare a carte. Diaz rimase tutta la sera senza parlare, finchè dopo mangiato s'infilò lo stuzzicadenti in bocca e disse:
«Constante li tira a destra.»
«Sempre» disse il presidente della squadra.
«Ma lui sa che io so.»
«Allora siamo fottuti.»
«Sì, ma io so che lui sa» disse il Gato.
«Allora buttati subito a sinistra» disse uno di quelli seduti a tavola.
«No. Lui sa che io so che lui sa» disse il Gato Diaz, e si alzò per andare a dormire.
«Il Gato è sempre più strano» disse il presidente della squadra nel vederlo uscire pensieroso, camminando piano.
Martedì non andò all'allenamento e nemmeno mercoledì. Giovedì, quando lo trovarono che camminava sopra i binari del treno, parlava da solo e lo seguiva un cane dalla coda mozzata.
«Lo pari?» gli domandò, ansioso, il garzone del ciclista.
«Non lo so. Che cosa cambia per me?» domandò.
«Che ci proviamo, Gato. Glielo diamo nel culo a quelle checche del Belgramo.»
«Io ci provo quando la Rubia Ferreira mi dirà che mi vuole bene» disse e fischiò al cane per tornarsene a casa.
Venerdì, la Rubia Ferreira badava come sempre alla merceria quando il sindaco entrò con un mazzo di fiori e con un sorriso largo come un'anguria aperta.
«Questi te li manda il Gato Diaz e fino a giovedì tu devi dire che è il tuo fidanzato.»
«Poveretto» disse la donna con una smorfia e nemmeno li guardò, quei fiori che erano arrivati da Neuquèn con l'autobus delle dieci e mezzo.
La sera andarono al cinema insieme. Nell'intervallo il Gato uscì nell'atrio per fumare e la Rubia Ferreira rimase sola nella penombra, con la borsa sulla gonna, a leggere cento volte il programma senza alzare lo sguardo.
Sabato pomeriggio il Gato Diaz chiese in prestito due biciclette e andarono a fare una passeggiata sulla riva del fiume. Mentre iniziava il pomeriggio cercò di baciarla ma lei girò la faccia e disse che forse gliel'avrebbe permesso domenica sera, se parava il rigore, al ballo.
«E io come faccio a saperlo?» disse il Gato.
«A sapere che cosa?»
«Se mi devo buttare da quella parte.»
«In questa vita non si sa mai chi inganna e chi è ingannato» disse lei.
«E se non lo paro?» domandò il Gato.
«Allora vuol dire che non mi vuoi bene» rispose la Rubia, e tornarono in paese.

continua...

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