domenica 14 ottobre 2007

Ordem e Progresso

Non biasimo chi in questi giorni ha paventato che a Futbolandia si fossero imperdonabilmente dimenticati degli sfarzi calcistici brasiliani.
Il Brasile ha scritto splendide e indelebili pagine di storia sportiva, con i suoi cinque successi mondiali, le otto Coppe America, gli antichi fasti del Santos di Pelè (nella sua storia i peixe hanno vinto due campionati brasiliani, diciassette paulisti, due Libertadores e due Intercontinentali), del Flamengo (con la Lubrax -marchio del cartello petrolifero Petrobas- come sponsorizzazione più duratura della storia del calcio, dal 1984 sulla maglia dei carioca) e i più giovani successi del Corinthians, vincitore nel 2000 del primo mondiale per club, del Palmeiras (negli anni '90 due campionati brasiliani, tre paulisti e una Libertadores) del San Paolo (vincitore dell'ultimo campionato nazionale) e dell'Internacional de Puerto Alegre (squadra detentrice del mondiale per club). Di sensibile suggestione la formula dei tre campionati "regionali" (da accostarsi a quello nazionale), ovvero il campionato carioca, disputato dalle squadre dello stato di Rio de Janeiro (le più competitive sono il Flamengo, il Vasco da Gama, il Fluminense e il Botafogo), quello paulista (con Corinthians, Palmeiras, Santos e San Paolo) e quello baiano dello stato di Bahia (ultimo vincitore il Vitoria de Salvador).
Attualmente 493 calciatori brasiliani militano nei 27 campionati di prima divisione dei paesi membri dell'Unione Europea: 133 in Portogallo, 38 in Italia, 33 in Francia, 30 in Germania, 27 in Spagna. Kakà e Ronaldinho Gaucho sono considerati all'unanimità tra i più forti giocatori al mondo. Molti a Futbolandia hanno poi imparato ad amare Falcao e Zico tramite gli emozionati panegirici dei genitori o dei cugini più grandi, nonostante Milano parlasse esclusivamente fiammingo e tedesco in concomitanza con la nascita calcistica di molti di noi. Futbolandia ha magnificato Ronaldo come mai le era accaduto di fare con altri, malgrado la maglia di gusto opinabile da lui indossata durante la sua prima esperienza "italiana", prova oggi sviscerata ammirazione per Juninho Pernambucano (che nome incantevole, e che piede educato!), per Diego da Cunha, rinfrancato dagli antalgici venti del Mare del Nord (strana la vita) e incarna la sempre più sentita curiosità popolare per Alexandre Pato.
Nonostante tutto nemmeno a Futbolandia, per antonomasia patria senza bandiere, è consentito farsi unitamente argentini e brasiliani. Eccezionalmente per questo presupposto e per nessun altro conio di immotivata antipatia, a Futbolandia c'è chi guarderà sempre al calcio biancoceleste (più genericamente ispanoamericano) con affettivo riguardo, delegando la prestigiosa trattazione delle grandezze verdeoro a chi ne sente maggior necessità.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

uuuuuuuuuuuuuuu.
finalmente un articolo dedicato ai verde-oro!!!

andre

Anonimo ha detto...

Apprezzo il vostro interesse per il calcio sudamericano, ma io penso che i campionati europei più prestigiosi(serie A, premier ligue, liga su tutti) siano superiori in tutto. Questo è dimostrato dal banco di prova della Coppa Intercontinentale: le squadre europee sono sempre state più forti delle loro rivali, anche quando hanno perso(a parte rarissime eccezioni). In Sudamerica non mancano certo i talenti, ma passano ai club europei in età giovanissima ed esplodono nei campionati del Vecchio Continente; a fianco a loro ci sono i "grandi vecchi" tipo palermo,il burrito o il leggendario tuta(ancora ricercato dai giocatori di Bari e Venezia), che in Europa non hanno certo brillato. In ogni caso, niente da dire se qualcuno (come i campioni d'Europa Andre e Fabio)lo ritiene un calcio affascinante e suggestivo.

pego

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Anonimo ha detto...

Sostanzialmente mi trovo d'accordo con Pego (molto strano!): il livello generale dei maggiori campionati europei è superiore rispetto a quello dei campionati sudamericani (in pratica solo quello brasiliano e argentino). Una parte di ciò però è dovuta anche al fatto che i "nostri" campionati siano popolati da molti sudamericani.
E' indubbio però il fatto che il calcio di laggiù abbia il suo fascino, un po' come tutte le cose lontane ed esotiche! Spesso si parla del calcio del Sudamerica con toni da mito o leggenda: giocate impressionanti, tunnel, doppipassi, elastico, dribbling fatti palleggiando di testa(?) (tipo questo ragazzo soprannomnato Foquinha), portieri goleador... Vi ricordate della "boba" di D'Alessandro?.
Poi ci sono i racconti e gli aneddoti curiosi - un po' come quello raccontato da Fabio su Gatti.
Non vogliamo poi parlare dei telecronisti/strilloni?
E poi ad aumentare la nostra curiosità e a stuzzicare di continuo la nostra fantasia c'è il costante nascere di talenti che già dopo due partite diventano nuovi eroi, nuovi supercampioni: quante volte si è sentito parlare del nuovo Maradona negli ultimi 10 anni? Anche questo aspetto ci fa vedere il calcio sudamericano un pò come una terra magica!
Ma poi quando si parla di talento la prima cosa che ci viene in mente è il Sudamerica, no?
No, non c'è niente da fare il calcio di laggiù ha il suo fascino...

Sergio

Anonimo ha detto...

Credo che il discorso sul calcio sudamericano andrebbe distinto in 2 filoni: il talento e il livello dei campionati.
Sul talento nulla da dire, il sudamerica è patria di alcuni tra i migliori giocatori di sempre (benchè il numero uno resti olandese); ma non scordiamo che anche il vecchio continente ne ha sfornati di grandiosi, quanto meno a pari livello.
Sul livello dei campionati... bè mi spiace per il redattore-capo di questo blog ma non c'è paragone. Non uso la Coppa Intercontinentale come metro di giudizio, unasingola partita non potrà mai definire quale calcio sia migliore. Per quel che ho potuto vedere del calcio sudamericano (si intende ovviamente brasiliano e argentino, del resto non parlo per amore di questo gioco) è un insieme di giochini e giochetti, intramezzati da quanche falciata del difensoraccio di turno, sorpattutto in argentina. Gol belli ce ne sono, difese allegre pure di più.
Il punto è che la costante emigrazione verso l'Europa ovviamente impoverisce un calcio che di fascinoso ha solo i nomi delle giocate, il calore dei tifosi e gli echi che tutto ciò fa giungere fino a noi, che a volte ne rimaniamo ammaliati, come dal richiamo delle odalische d'oriente di qualche secolo fa.

Fabio Disingrini ha detto...

Doverosa annotazione: non nego la schiacciante superiorità qualitativa dei maggiori campionati europei (a pari passo con la loro nemmeno commensurabile egemonia economica) su quelli americani. Valgano per tutti gli esempi di Lucas Castroman (meteora in Italia con Lazio e Udinese ma, subito a seguire, campione in Argentina con il Velez Sarsfield nel Clausura 2005) o di Ernesto Farias (centravanti poco rimpianto dagli esigenti sostenitori palermitani e capocannoniere nel 2006 con la maglia del River).
Non concordo soltanto sulla tua osservazione relativa l’unico diretto e stimolante esame contrastivo dei panorami calcistici in questione rappresentato dal Mondiale per Club (che a Futbolandia -manco a dirlo- si chiama ancora Coppa Intercontinentale). Complessivamente le squadre sudamericane si sono imposte 24 volte in 45 confronti (il Penarol tre volte! E l'Estudiantes una...che emozione!), giovando sì dei vantaggi derivanti da un fuso orario più agevolmente assimilabile o da una migliore freschezza atletica, ma anche palesando abitualmente (persino nelle edizioni perdute) massima competitività e agonismo (talvolta fuor misura, come nel caso di Estudiantes-Milan del 1969, ma sorvoliamo...).
Inoltre, ritengo con ragionevole equanimità che proprio ai calciatori sudamericani vada riconosciuto il concorso di merito per l'altissima qualità, soprattutto tecnica, dei citati bellissimi campionati europei.
In ogni modo, la motivazione che per lo più mi ha spinto a ricrearmi con qualche "pezzo" sul calcio sudamericano è la sua portata suggestiva (parere comunque passibile d'interpretazione) e la sua incontaminata dimensione idillica, oggi così distante dalle occorrenze del calcio europeo a statuto forte.

Anonimo ha detto...

sul fascino e la portata suggestiva nulla da dire, lo dimostrano più di ogni altra cosa i tuoi post; i campionati sudamericani sono ricchi di giocatori che magari si sottraggono alle logiche del Dio-denaro, personaggi "ribelli" e anticonformisti, a discapito forse della loro professionalità; e poi i tifosi sono dei pazzi scatenati, vivono i derby con passione sfrenata, senza limiti. Quando parlavo di superiorità nella Coppa Intercontinentale, mi riferivo alla mia esperienza di spettatore; nelle finali che ho visto dall'89 ad oggi(quindi non una singola partita)le squadre europee han dimostrato quasi sempre(a parte le sciagurate performance del milan di capello) di essere superiori sul piano del gioco. Uso quello come metro di giudizio perchè è l'unico punto di contatto tra questi due mondi calcistici. Certo, se i più grandi giocatori sudamericani rimanessero sempre in patria, lì sarebbero CAZZI! Ma è ovvio che le società argentine e brasiliane hanno tutto l'esigenza vitale di cederli
pego